Ultimamente risuona nell’eco di tutti quanti i consumatori di vini i termini biologico e biodinamico, innescando una ricerca accurata sulle etichette dei vini del contenuto di solfiti aggiunti o determinati particolari che possano garantire una certa soglia di “naturalezza” al vino.
Nel Cilento ci sono molte aziende agricole e o vitivinicole che abbracciano questa linea di pensiero, in particolare abbiamo l’azienda agricola Casebianche nella zona di Torchiara che addirittura sta passando ad una conduzione biodinamica che, come mi spiegavano saggiamente i titolari Elisabetta e Pasquale, richiede una maggiore attenzione e cura a partire dalla vigna fino ai vari passaggi di affinamento. La cantina offre la possibilità di degustare in loco tutta la linea dei prodotti che consiste di quattro vini ed uno spumante; quest’ultimo è un prodotto molto particolare in quanto è un fiano in purezza rifermentato in bottiglia utilizzando come mistella lo stesso mosto raffreddato per conservare lieviti indigeni e carica zuccherina naturale. La rifermentazione dunque avviene in bottiglia e alla fine della lavorazione non avviene la sboccatura cosicché rimane inalterato il residuo zuccherino ( nullo in questo caso e la definizione esatta è pas dosè per questa tipologia di spumante) e i lieviti rimangono nella bottiglia. Stiamo parlando della “Matta”, dove la scelta della bottiglia trasparente è giustificata proprio per far vedere l’artigianalità di questo prodotto unico nel suo genere; nonostante gli venga negata la limpidezza, dal punto di vista olfattivo i profumi sono veramente accattivanti richiamando note di pera e salvia. Nel palato è piacevolmente amara donando una freschezza mista a sapidità per regalare momenti rinfrescanti verso la sera con un bellissimo aperitivo nelle giornate estive; nonostante ciò può essere abbinato anche a tutto pasto per gli amatori delle bollicine purché si rispettino i principi strutturali dell’abbinamento.
Per quanto riguarda i vini bianchi abbiamo due produzioni, il Cumalè ( nome preso a prestito da una canzone di un cantautore genovese famosissimo) e l’Iscadoro; sono due vini che rappresentato aspetti diversi sia nell’uvaggio che nell’affinamento. Il Cumalè è un fiano in purezza che viene affinato esclusivamente in acciaio: dal colore giallo paglierino leggermente dorato esprime flavours di pesche che si confondono con sensazioni di agrumi; note di basso molto “saline” richiamando tutte quei profumi che caratterizzano la nostra costiera. Nel palato risulta fresco con una nota sapida abbastanza alta come giusto che sia per un vino prodotto su un terreno con trama argillosa abbastanza accentuata. Il secondo bianco invece, l’Iscadoro è un vino molto particolare nella sua produzione; partendo da un uvaggio che prevede l’impiego di Malvasia e Trebbiano oltre che di Fiano viene lasciato macerare per brevi momenti sulle bucce per estrarre più componenti ma soprattutto per favorire la fermentazione con lieviti indigeni per rispettare l’andamento biologica dell’azienda. Quando descrivo questo vino mi piace utilizzare un’affermazione abbastanza originale: “ è un vino bianco che indossa i vestiti di un rosso!!!”. Infatti questo vino subisce un invecchiamento in botti di legno molto capienti, quindi è un vino che lavora in “ossidazione” sviluppando tutta una serie di sensazioni molto diverse dal primo. Il colore del vino risulta un giallo oro molto carico abbastanza consistente mentre i profumi che si evincono sono richiami a frutta esotica abbastanza matura legata sempre e indissolubilmente alle note salmastra e minerali. Nel palato è sicuramente abbastanza morbido con cenni a spezie dolci appena percettibili come vaniglia e cannella. Io ho avuto anche il piacere di poter provare due annate diverse, il 2011 e il 2010, costatando decise differenze proprio legate a cambiamenti microclimatici dei diversi anni, quindi per qualche “degustatore canonico” non deve spaventare la differenze dei colori o di alcuni aspetti organolettici da un anno all’altro. Dei vini rossi invece abbiamo il “Dellemore” che rispecchia il classico taglio del Cilento con Aglianico, Barbera e Piedirosso con affinamento in acciaio. Un vino decisamente segnato da caratteri giovani e freschi, partendo da un bellissimo coloro rosso rubino con sfumature “porporeggianti” ai profumi di frutta rossa fresca e violetta davvero piacevoli. Nel palato l’equilibrio è spostato verso le durezze con una bellissima spalla acida che lo rende davvero piacevole e abbinabile con numerosi piatti caratteristici del Cilento, azzardando addirittura (in sintonia con la moda enogastronomica francese) a qualche piatto ben strutturato a base di pesce. Invece per il Cupersito non ho problemi a dichiarare che rappresenta perfettamente l’archetipo dell’Aglianico del Cilento: se pur con qualche imperfezione che può essere migliorata nel tempo è un vino con un colore rosso rubino carico, consistente nel movimento che lascia dopo qualche piccola rotazione nel bicchiere una serie di architetture “strette e lunghe” che gli specialisti chiamano “archetti”. I profumi intensi e abbastanza complessi sono quelli caratteristici del vitigno: amarene, ciliegie, violetta, pepe nero e qualche leggera nota di sottobosco. Sono sentori che ci preparano al connubio di sapori e sensazioni dopo il primo assaggio: secco, caldo e abbastanza morbido lascia il palato abbastanza asciutto e pieno dove il tannino trionfa e domina sulle nostre papille aggredendole e lasciando il segno del suo passaggio. Un bel bicchiere di vino corposo che con qualche anno a riposo nella cantina personale raggiungerà sicuramente un equilibrio maggiore seducendoci in qualche uggiosa giornata invernale passate davanti al camino con qualche amico e scaglie di un bel Caciocavallo Silano DOP stagionato almeno un anno.